Donne e matematica. Due feste incompatibili?

Redazione della rivista Prisma

 

 

In questo mese di marzo abbiamo alle spalle la festa dei diritti delle donne e quella della matematica che, complice la scrittura inglese 3.14, abbiamo festeggiato il 14 del mese. Il luogo comune vuole che siano due feste che non si “parlano”, incompatibili tra loro. La matematica non è cosa per donne. La loro intelligenza è strutturata per altri tipi di studi e di ricerche.

È un pregiudizio che viene da lontano. All’inizio del Novecento un matematico e storico della matematica italiano, Gino Loria, si chiedeva “se la riga, il compasso e le tavole dei logaritmi non siano per avventura troppo gravi per le braccia femminili” e condivideva poi l’opinione per cui “una donna matematica sia contro natura, in un certo senso sia un ermafrodito (…). Soltanto in forza di deviazione della specie, in forza di deviazione patologica la donna può acquistare qualità diverse da quelle che la rendono amante e madre”; la conclusione più benevola su cui si attestava era che “la donna, negli studi più ardui mai cessi di essere scolara; che la larva possa bensì raggiungere lo stato di crisalide, ma le siano vietati i liberi voli della farfalla”.

Negli stessi anni un altro matematico, Alberto Conti, interveniva contro la promiscuità didattica: “esistono delle naturali tendenze diverse tra il giovinetto e la signorina, per le quali, anche mirando ad un medesimo titolo di studio, all’uno convengono delle cognizioni non necessarie all’altra e viceversa". L’astronomo padre Giovanni Boccardi era invece preoccupato per gli aspetti morali di un insegnamento matematico aperto alle donne e si chiedeva se sarebbe stato proprio “prudente mettere come assistente ad una cattedra, per esempio di Geometria descrittiva e corrispondente disegno, una giovinetta in mezzo 180 studenti?"

Non potendo dimostrare che il cervello femminile è diverso, l’argomento forte del pregiudizio contro la presenza delle donne nel mondo matematico è rimasto a lungo quello di tipo storico. È la storia che dimostra che non sono fatte per la matematica. Di donne matematiche ce ne sono state pochissime: sostanzialmente Ipazia, Gaetana Agnesi, Sophie Germain, Sofia Kovaleskaja, Emmy Noether e poche altre. Su di loro poi si è sempre scatenata l’ironia maschile. Quando sul finire dell’Ottocento Sofia Kovalevskaya finalmente ottiene, dopo un lungo peregrinare, una cattedra universitaria a Stoccolma, il drammaturgo August Strindberg scrive: “Una femmina professore di matematica è un fenomeno pericoloso e sgradevole persino, si potrebbe dire, una mostruosità; il fatto che sia stata invitata in un Paese dove ci sono così tanti maschi matematici di gran lunga superiori può essere spiegato soltanto con la galanteria degli svedesi verso il sesso femminile“. 

Per fortuna, l’universo maschile ha presentato anche delle eccezioni. Agli elementi più conservatori della facoltà che negli anni Venti del secolo scorso si opponevano alla chiamata di Emmy Noether all’università di Göttingen, il grande matematico David Hilbert rispose: “Non mi sembra che il sesso della candidata sia un buon motivo per non ammetterla. Dopo tutto, il Senato accademico non è un bagno pubblico!“

Rispetto al quadro che le frasi citate lasciano intravedere, la situazione nel corso dei decenni è progressivamente cambiata. La recente attribuzione delle prime medaglie Fields a due matematiche - l’iraniana Maryam Mirzakhani nel 2014 e l’ucraina Maryna Viazovska nel 2022 - ha in qualche modo ufficializzato il riconoscimento che le donne occupano anche nella “ricerca scientifica. Si è finalmente diffusa la consapevolezza che la scarsa presenza femminile nella storia della matematica (fino a qualche decennio fa) non è dovuto a un diverso funzionamento del loro cervello ma ai diversi modelli a cui le bambine e le ragazze vengono educate.

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Su "La voce.info" potete leggere i risultati di un recente studio, “Un divario di genere chiamato matematica“, portato a termine da alcune ricercatrici italiane sul luogo comune per cui a livello scolastico le ragazze sono più deboli in matematica dei ragazzi: “Individuare le determinanti del successo della materia nei vari paesi europei può essere utile per arrivare al successo formativo di tutti“. La ricerca si è concentrata su 28 Paesi europei, classificati in tre categorie in base al diverso divario di genere nel rendimento in matematica. Un precedente studio, Matematica, dove si fanno i conti delle differenze di genere” (sempre su "La voce.info") aveva osservato che "il fatto che i divari siano così diversi tra paesi implica che non si tratta di una questione biologica, ma di fattori culturali e sociali“.

Semplice, no?